Cima Giovanni Paolo II

Divertente ritorno su questa baluardo che segna l'inizio delle Malecoste.
Divertente escursione su una delle creste più panoramiche degli Appennini; da Campo Imperatore salendo al Duca degli Abruzzi si percorre tutta la dorsale del Portella fin quasi alla vetta del Cefalone. Poco sotto sulla sinistra si aprono le Malecoste e il primo tratto fino a cima Wojtyla è un autentico parco giochi di passaggi in cresta, di esposizioni non eccessive e di roccia stupenda. Quasi per tutti.


Ritorniamo su questa piccola cima dedicata a papa Wojtyla, posta all’inizio della lunga dorsale delle Malecoste, di fatto una delle ultime propaggini Nord del Cefalone da cui si stacca la cresta rocciosa che la va a formare. Siamo partiti da Campo Imperatore e due sono le peculiarità di questa escursione per cui vale la pena affrontare l’affollamento di queste montagne, l’avvicinamento che se fatto salendo al Duca degli Abruzzi per la lunga dorsale del Portella, è estremamente panoramico ed è un punto di osservazione privilegiato su Campo Pericoli e l’insieme di vette dal Gran Sasso, Cefalone, Intermesoli e Corvo, e il breve tratto di cresta tra il Cefalone e punta Giovanni Paolo II, molto intrigante, con molti passaggi rocciosi esposti anche se semplici. Giornata limpidissima, fresca, ideale per allungare lo sguardo dal Velino alla Majella fino ai Sibillini e al mare. Gli ingredienti ci sono tutti. Anche se c’è già un discreto movimento siamo tra i primi ad incamminarci sui ghiaioni che sfiorano l’osservatorio, poco sopra rimaniamo quasi soli, i più tagliano per il sentiero estivo in direzione Corno Grande, oggettivamente la meta più gettonata; ci facciamo i consueti e tanti tornanti coi tanti traversi, più sali e più si accorciano, sostiamo frequentemente perché ogni tre passi uno scorcio ci colpisce, la giornata limpida di oggi non pone limiti agli orizzonti, in venti minuti siamo al rifugio del Duca degli Abruzzi, su questa sella incredibile con questi scenari incredibili che ognuno di noi conosce bene e tiene nel cuore. Sfioriamo il rifugio e ci incamminiamo sull’ampia dorsale che continua in direzione Nord-Ovest verso il monte Portella, da qui una poco evidente cima che si confonde quasi con le linee della cresta, cresta che ha dell’incredibile, viste pazzesche sulle cime più importanti del Gran Sasso, sui profili della Laga fino ai Sibillini, sui monti Gemelli con la sagoma scura del Conero alle spalle, sull’immenso gruppo del Velino, sui Reatini… gli Appennini sembrano esserci davvero tutti quando ti giri verso Sud e si scorgono i profili delle montagne del parco e della Majella!!! La discesa dalla vetta del Portella (+50 min.) è repentina, ripida e veloce, si perde quota fino ad intercettare il sentiero che traversa il versante direzione Cefalone, esattamente sulla sella dove parte la traccia che entra su Campo Pericoli; quella per il Cefalone continua traversando prima in leggera salita e poi con un breve strappo fino a raggiungere un grosso omino molto evidente già da lontano, costruito con una tecnica ad incastro di pietre che lo fa somigliare più ad una colonna che agli omini che siamo soliti incontrare; il grafomane di turno lo ha ribattezzato “omone del Cefalone” e anche se per il Cefalone c’è ancora da camminare devo dire che rende bene l’idea. Da qui in avanti si traversa con vari sali e scendi su stretti sentieri, alcuni traversi sono quasi delle cenge in bilico sui versanti che scivolano via ripidissimi fino a sfiorare i bastioni rocciosi del Cefalone, dove questi terminano si apre il ripido canale erboso che punta alla cima del Cefalone stesso, una serie svariata di tornati scavati nella prateria e tra le rocce fanno superare d’un fiato i centocinquanta metri che ci separano dalla deviazione per le Malecoste, sulla sinistra e poco sotto gli ultimi approcci rocciosi alla vetta del Cefalone, tra due roccioni verticali si apre una porta (+1,35 ore), che conduce in un ambiente diverso e molto accattivante, sarà il nostro ultimo chilometro per cima Wojtyla e sarà il momento dell’escursione più divertente; tanti i passaggi su roccia, nessuno troppo complicato, molti quelli esposti, qualche tratto di breve disarrampicata, placche inclinate molto fessurate e comunque percorribili senza l’uso delle mani, tratti di sentiero tracciato sul bordo di alti salti e per questo da prendere con le molle, insomma un tratto per tutti ma non proprio tutti tutti. Con un po’ di adrenalina che scorre e qualche attenzione in più ci siamo divertiti fino ad arrivare sotto il torrione di Cima Giovanni Paolo II, spiccava la massiccia croce che sporge al limite della stretta vetta, tutto era familiare ma qualcosa non tornava, solo avvicinandoci ci siamo accorti che nel canalino per la vetta il ponte, la roccia incastrata sotto la quale si strusciava per raggiungere la vetta stessa, era crollata. Non esisteva più il passaggio, e non era semplice oltrepassare la tonda roccia che ostruiva il canale; una breve ricognizione e intuiamo il sentiero alla base del canalino che si usava per salire in vetta che continua a scendere, traversare e aggirare il torrione della vetta. Lo percorriamo, qualche bandierina sulle rocce ne rimarca la consistenza, attraversa la base della torre e si infila in uno stretto canalino misto roccia ed erba che risale repentinamente la costa per arrivare in cresta ad una cinquantina di metri a Sud della croce, ancora un breve facile passaggio esposto provvisto di vari appigli e si raggiunge lo scivolo erboso che porta alla cima (+50 min.). Non so se il traverso sotto la cima esisteva già, ero sempre salito strisciando sotto il masso incastrato che formava il ponte tanto che per scendere più agevolmente mi ero portato uno spezzone di corda che è risultato inutile e che ha solo appesantito lo zaino. Rimaniamo in vetta una ventina di minuti, il tempo per suggerire a dei ragazzi il traverso sotto la vetta, anche loro si sono fermati sotto la roccia crollata, hanno fatto “capoccetta” e hanno chiesto dove fossimo passati, ci siamo rivisti in vetta e con loro l’abbiamo condivisa. Le Malecoste continuano verso Nord, dalla vetta ancora pochi metri di roccette facili poi diventa una via erbosa, una cavalcata piana e larga che invita a mettersi in cammino, non può essere per oggi però, per farla ci sarebbe servita una seconda auto per rientrare alla base per cui riprendiamo la via del rientro per la stessa dell’andata, vivendoci ogni istante della crestina rocciosa fino al Cefalone e divertendoci come matti. Raggiungiamo la forcella sotto il Portella mentre si addensano le prime nuvole del pomeriggio ma non saliamo in cresta, preferiamo continuare sul lungo traverso che costeggia tutta la dorsale fino a Campo Imperatore (+2,30 ore). Una bolgia, il solito affollamento che ti spinge solo a fare in fretta per abbandonare il piazzale e tornare in spazi meno affollati. Giornata stupenda, panorami da urlo, montagna più di tutto, vera, con tanti ambienti diversi, approcci diversi, e dopo il giro intorno al Corno Piccolo per il passo del Cannone e per la val Maone di poche settimane fa il Gran Sasso ci ha voluto ancora bene. Il Corvo è stato la, tutto il giorno ci è stato davanti e ci ha ispirato, il Venaquaro lo stesso, ci hanno stuzzicato, lo mettiamo in agenda per il prossimo anno?